lunedì 14 dicembre 2015

Orgoglio materno

Oggi fuori da scuola quasi piangevo. Quasi non riuscivo a contenere l'orgoglio per quella mia bambina che è entrata a scuola leggermente in ritardo, a passo svelto col suo trolley dei Little Pony. Ma poi ha incontrato Yuerong, una bambina che è spesso in ritardo ed è piuttosto lenta. E l'ultima volta mi disse "mamma non sono l'ultima, c'è Yuerong" e io tutta felice pensai che l'avrebbe presa per mano e accompagnata in classe, e invece una volta accostatale la superò senza quasi salutarla. Le dissi che era stato un brutto gesto. Che avrebbe dovuto aspettarla e pazienza se fosse entrata per ultima in classe. Stavolta era ancora più tardi, qando l'ho vista avvicinarsi alla sua compagna ero pronta ad assistere impassibile al triste sorpasso. In fondo Giorgia non sapeva che fossi ancora lì a guardarla (non sa che la osservo finche non arriva in fondo al corridoio) e invece... Ha rallentato il passo e si è messa vicino a lei.Non l'ha presa per mano, ma l'ha aspettata. E nulla. Penso che potrebbe prendere due lauree, diventare la prima ballerina della Scala, andare su Marte o non so cosa. Ma non potrei essere più fiera di così.

lunedì 30 novembre 2015

Senza evidente motivo






Oggi voglio segnalare questo magnifico libro, una raccolta di racconti scritta da uno dei più grandi autori italiani contemporanei.
Devo ammettere che ho scelto questo libro perché avevo già conosciuto l'autore nella sua "Notte apparente" e lo avevo molto apprezzato. Ma ero un po' scettica. Non sono mai stata attratta dalle antologie, forse perché amo farmi rapire dai libri e innamorarmi dei personaggi, cosa che reputavo impossibile a livello di racconto breve. Ho invece scoperto che i racconti sono anch'essi un viaggio, soprattutto quando hanno un filo conduttore che in questo caso è il tradimento. E io che mi illudevo che ne esistesse un solo tipo e me ne sentivo molto distante. Ma Alberto Cola è un autore che non riesce a essere banale neanche sotto tortura, ed è riuscito a narrare di tradimenti ben peggiori da quello a cui tutti pensiamo, e che a dispetto della parola ci coinvolge tutti. La sorte, gli amici,la fede, perfino la morte può tradire. In questi racconti si viaggia e si soffre molto. Si sorride a volte, ma di un sorriso quasi sempre amaro. Le storie hanno tutte uno sfondo noir, toccano corde profonde e sono in continua escalation. Più si va avanti e più diventano accattivanti, quasi dolorose. Fisicamente dolorose. Alla fine dell'ultima storia ho pianto, come mi accade davanti a un quadro di cui non riesco a contenere l'enormità. Undici storie che sono undici dipinti e la sensazione è proprio quella di andare a una mostra d'arte contemporanea, e il pittore è un moderno Picasso.
Un libro che consiglio ai lettori che non si accontentano.
Straconsigliato.


martedì 24 novembre 2015

Cronache marziane



Amo i film di fantascienza ma non avevo mai letto un libro di fantascienza, così un caro amico che sa che amo anche leggere mi ha consigliato uno dei più bei libri di fantascienza che suppongo siano mai stati scritti. Il ragionamento può apparire contorto ma non lo è, e a volte basta lasciare che qualcuno ci osservi da fuori e ci dia un bel consiglio per essere felici.
Me ne sono stata un paio di settimane su Marte, ho visto arrivare i terrestri, ho visto sparire i marziani. E sparire i terrestri e sparire i marziani perché tutto ciò che tocca, l'uomo distrugge. È la nostra maledizione.
E nulla, a chi ha voglia di viaggiare molto lontano, sorridere e riflettere, consiglio questo meraviglioso scritto, capolavoro di uno dei più grandi autori che abbiano mai benedetto questo mondo.

martedì 17 novembre 2015

Non avrete il mio odio

Riporto una lettera che mi ha molto commossa e che porta con sé un grande insegnamento:

«Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa.

L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio».

Antoine Leiris, chapeau!


lunedì 16 novembre 2015

Parigi, 13 novembre 2015

Sono molto dispiaciuta e turbata per i fatti di Parigi di ieri notte. Ma ieri mattina si festeggiava perché era stato ammazzato un leader dell'Isis e la Francia è stata la prima a bombardare la Siria. Siamo in guerra gente, cosa ci aspettavamo, che i terroristi incassassero in silenzio?
La guerra è guerra, spietata, ingiusta, maledetta. Il mondo ne è pieno ma ci destiamo solo quando ci riguarda da vicino. Chiediamo a Gino Strada quante vittime innocenti soccorre negli ospedali dimenticati da Dio.
Finché saremo dominati dagli interessi e rimbambiti dalle religioni, non potrà essere che un mondo di merda quello in cui viviamo.
E siamo tutti colpevoli, dal metro e quaranta in su.

mercoledì 11 novembre 2015

Cime tempestose








Cime tempestose. Un luogo il cui nome dice tutto. Anime e cielo uniti dalla stessa inquietudine. Un racconto nel racconto in cui i personaggi sono, incredibile a dirsi, tutti negativi. Forse si salva la governante, voce narrante di quasi tutto il romanzo. Oltre a questa peculiarità ne ho trovata un'altra: a mio avviso, non esiste alcun messaggio di fondo. A meno che la Brontë non volesse suggerire che la gente di campagna è meglio evitarla. Si respira un'infelicità durante tutta la narrazione che mi ha lasciata interdetta. 
Non posso dire che questo romanzo non mi sia piaciuto, ma l'autrice secondo me ha utilizzato troppo nero in questo dipinto. Devo ammettere che è forse questo il motivo per cui questo libro va letto. E alla fine anche il più disperato di noi non troverà la propria vita così cattiva. Confronto a Cime Tempestose, perfino Vimodrone è il paradiso.

lunedì 2 novembre 2015

Considerazioni su Halloween







In molti criticano questa nuova festa, tanti non aprono la porta ai bambini proprio perché contrari a questa pacchianata nemmeno nostra, così poco rispettosa dei santi e dei morti! Questi mostriciattoli vestiti da zombie e vampiri, risorti in maniera oscena dal mondo dei morti che vogliono addirittura un dolcetto! Cosa pensano di fare? Esorcizzare la paura che ci accomuna tutti?? Non sia mai.
Vade retro, felicità.
Guardo il cielo, così azzurro e limpido, questi venti gradi così poco deprimenti... Penso a come vivevo io questi giorni, da piccola. Oppressa dalla pioggia - che doveva assolutamente enfatizzare il senso di angoscia che ci angustiava tutti - andavo con i miei genitori a trovare i cari defunti nei cimiteri tra Cologno e Sesto San Giovanni. Questo odore di cipressi che permeava le narici, i loro volti emaciati, il mio pallore che rifletteva quello del cielo. Dentro di me, c'era ancora più nero. Riflessioni troppo grandi per una bambina hanno violato gli anni che sarebbero dovuti essere i più spensierati.
La mie figlie forse saranno poco rispettose dell'aldilà, il cimitero lo vedono ogni tre anni dove tra un bagno e l'altro andiamo a trovare i bisnonni nell'assolato cimitero calabrese. Ma sono bambine felici. Aspettano Halloween più di Carnevale, si ingozzano di dolcetti facendo mille scherzetti.
Il cielo benedica questa dannata festa americana! Peccato solo non sia sbarcata qualche anno prima.

lunedì 26 ottobre 2015

Il buio oltre la siepe



Avevo letto di questo libro da qualche parte. Sentito dire che Obama ne consigliava la lettura. Era in lista, prima o poi l'avrei acquistato. Ma un giorno me lo trovai davanti alla cassa di una libreria. Stavo pagando tre libri, e senza neanche pensare aggiunsi al conto anche questo.
Ha sonnecchiato per un paio di mesi insieme agli altri libri sul mio comodino, nel frattempo avevo iniziato "Cime tempestose". Ma poi un'amica di Facebook mi dice che avrebbe iniziato a leggerlo. Se ne aggiunge una seconda, dicendo che lo avrebbe riletto. Che era un libro meraviglioso. Così metto da parte Cime (con la benedizione di Emily, ne sono certa) e inizio la lettura, senza conoscerne la trama.
Mi ha RAPITA alla seconda pagina.
La storia è molto semplice, scritta con una delicatezza unica. Due fratellini che vivono in Alabama, due bambini molto saggi per la loro età nonostante le marachelle. Lentamente si scopre il motivo di questa loro elevatezza. Arriva in punta di pieni, con discrezione, senza mai alzare la voce. Con umiltà e rispetto. Eccolo il motivo di tale grandezza: il padre.
Atticus, un uomo dagli enormi valori morali che non sbandiera ai quattro venti ma sussurra. Senza sbraitare, senza imporsi. Atticus, il personaggio maschile del secolo. Un uomo che non si può non amare. Un uomo che nella mia personale classifica dei personaggi maschili dei libri, li batte tutti. Perfino Dantes. Non è il personaggio principale, eppure una sola delle sue poche frasi vale molto più di molti libri messi insieme. Ed è un personaggio che mi mancherà. Mi mancherà da morire. Chiunque può imparare qualcosa da lui, uomo, donna, bambino. Chiunque deve concedersi la gioia di conoscerlo.
Libro stupendo, che negli USA fanno leggere nelle scuole - dovrebbero farlo anche qui da noi, visto il drammatico periodo storico in cui viviamo e la svolta razzista che sta prendendo la nostra società- per lo stile impeccabile e il messaggio potente se pur solo sussurrato.
Perla indiscussa della letteratura mondiale, lo consiglio fortemente.

martedì 20 ottobre 2015

S. addio



Un giardino curato.
Molta gente accanto a un pergolato, un silenzio assordante. Solo il fluire dell’acqua dal ruscelletto, le rose del deserto ai miei piedi, mille piccoli segnali di cura, dedizione, amore, verso quel giardino zen. Verso tutti quelli che ti circondano, perché tutti piangono. Piango anche io, che non sono che la figlia di un vicino di casa e pensavo di conoscerti appena, pensavo mi fossi indifferente, in fondo non ci eravamo scambiati più che qualche buongiorno, buonasera. Ma sempre con gentilezza. Sempre con uno sguardo limpido.
Da quando ho saputo della malattia, ho iniziato a preoccuparmi per te, a sperare che non fosse così grave. Ti incrociavo alla Esselunga, eri sempre un po’ più magro ma sereno. Quando ti vedevo fumare mi rasserenavo anch’io.
Quando mia madre mi disse che ti avevano operato e che forse non ti saresti svegliato mai più, ho iniziato a piangere. Incontravo i tuoi familiari che andavano e venivano dall’ospedale, e nascondevo  le lacrime dietro gli occhiali. Il mio padre spirituale dice che so ascoltare gli angeli, e io non so se questo è vero, ma so che sentivo un contatto con te. Sapevi che non ci sarebbe stato ritorno, ma eri sereno. Contrariato, perché ancora giovane, ma sereno. Il tuo cammino su questa terra si era compiuto, avevi visto i tuoi figli crescere e i tuoi nipoti nascere e sbocciare. Avevi creato un angolo di pace su questa terra inquieta, il tuo presepe era una luce sul mondo. Come il tuo giardino, visto da vicino solo quest’oggi, al tuo funerale.
Ho sempre criticato chi piange per chi conosce appena ma oggi non riuscivo a trattenere le lacrime. Ripensavo a quel mazzo di fiori al mio matrimonio. Con la tua famiglia vi eravate appena trasferiti nel condominio dei miei genitori, non ci conoscevamo ancora ma sapevate che una ragazza si sposava. Mi regalaste dei fiori magnifici. Oggi pensavo a questa delicatezza, che era la stessa che ritrovavo nei tuoi modi. Che era la stessa che si respirava nell’aria oggi, nel tuo giardino.
Riposa in pace amico mio. La serenità che hai lasciato quaggiù, aiuterà i tuoi familiari a ritrovare presto la felicità. Perché è questo che vuoi. Che loro siano felici. E con la tua benedizione lo saranno.

lunedì 19 ottobre 2015

Il mio pensiero su EXPO 2015



Nell'epoca in cui nulla è più obsoleto di una fiera, in cui la stragrande maggioranza delle informazioni viaggiano in rete, si è sentito il bisogno di creare questo grande evento universale. Vincendo contro la Turchia, ce lo siamo conquistati noi milanesi, che non desideravamo altro. 
Qualche imprenditore edile - non io - inizialmente ebbe un sussulto di felicità, questo mega evento avrebbe portato lavoro in un campo ormai al collasso, così sono arrivate molte aziende a Milano, alcune molto potenti, pronte ad accapararsi il grosso dei lavori. Noi piccoli imprenditori aspettavamo gli avanzi, e invece non si è visto nulla. I lavori sono partiti con estremo ritardo e le grosse aziende, per sopravvivere, hanno soffiato via alle piccole aziende quel poco che era il loro mercato. 
Ma non è sopravissuto quasi nessuno: moltissimi sono falliti a causa dei lavori iniziati soltanto l'anno prima, e comunque non sufficienti a dare lavoro a tutti; però ha sfamato abbondantemente i politici che come sempre in Italia campano su questi grandi eventi. Qualcuno l'hanno pure arrestato, contribuendo a mantenere alta la nostra immagine nel mondo. 
Italiani: spaghetti, mafia e mandolino. Olè.

Per "nutrire il pianeta" - slogan ridicolo di Expo, cha annovera tra i suoi sponsor Mc Donald - sono stati cementificati migliaia di metri cubi di quel verde che è ormai un miraggio a Milano. Si potevano utilizzare le strutture già presenti, ma la logica non fa parte di questa parte di mondo dedita alla devastazione. Cosa ne sarà di quell'area una volta dismessa? Su questo potete giurarci, vi terrò aggiornati. 
E' stata fatta una campagna pubblicitaria impietosa, che non ha risparmiato nemmeno i bambini nelle loro scuole dell'infanzia ed elementari. Matite e tovaglie marchiate Expo hanno invaso quei mondi inviolabili, tanto che mia figlia di sette anni ha iniziato a parlarne e sono stata costretta a portarla per soddisfare una sua curiosità. Siamo andate domenica scorsa, giorno in cui le code all'ingresso dei padiglioni andavano da un minimo di 5 a un massimo di 8 ore e anche nelle aree all'aperto quasi non si riusciva a camminare. Ovviamente la scelta degli ingressi numerati che avrebbero consentito il controllo degli accessi (100.000 persone al giorno sarebbe stato un numero decente, non 250.000) sarebbe stata troppo intelligente per un paese come l'Italia, degno del peggior Medioevo.
Avrei dovuto seguire il mio istinto e risparmiare a mia figlia una delusione. Quella di andare in un parco giochi senza divertimenti.

Expo, sei l'ennesima vergogna italiana.

lunedì 5 ottobre 2015

Cronache di una pubblicazione






Ho concluso il libro. Il terzo, quello che avevo in ballo da mezzo secolo e che non riuscivo a terminare. Ho approfittato delle lunghissime ferie che mi sono concessa quest'estate - anche la crisi economica ha i suoi vantaggi - per portarlo a compimento. Un mio amico scrittore, Mario, l'ha riletto e corretto. Mario è un uomo senza peli sulla lingua, mi aspettavo che mi dicesse che sì, l'aveva trovato carino, invece mi dice che gli è piaciuto molto. Non è uno che si lascia andare a complimenti, e la parola molto è qualcosa che difficilmete sono riuscita a scucurgli. L'ha letto mio marito, è la prima volta che legge un mio libro da cima a fondo, e anche se a suo dire ha sofferto in qualche punto - è un romanzo che celebra il nostro incontro ma che parla di tutt'altra terribile storia - gli è piaciuto. Lo ha letto il mio amico Francesco, e lo ha riletto tre volte di seguito per quanto gli è piaciuto. Lo ha letto il mio angelo custode vivente - Pagel - ma lui è di parte. L'ha divorato in un pomeriggio e lo avrebbe apprezzato anche se lo avesse trovato insignificante. Lo ha letto un mio amico scrittore, mentre io leggevo il suo incantevole inedito. E' piaciuto molto anche a lui. Dice che alla fine è rimasto senza fiato.

Mi rendo conto mentre scrivo che l'ho fatto leggere solo ad amici uomini, ma forse amiche donne non ne ho. Il fatto che piaccia a loro mi rincuora. Significa che non ho scritto un romanzetto rosa - io ODIO i romanzi rosa, come la maggior parte degli uomini, credo - ma quando c'è di mezzo l'amore il rischio si corre. Grazie al cielo i miei  sforzi non sono risultati vani.
Superata questa piccola prima prova, mi rendo conto di non avere tra le mani un Harmony. Sto provando a piazzarlo decentemente, ma dio solo sa quanto sia difficile e scoraggiante.
Ho contattato alcuni agenti, la prima che mi ha risposto è la Meucci, un'agente che riceve manoscritti il primo di ogni mese, nell'arco di due minuti a partire dalla mezzanotte. La prima volta non feci in tempo a inserire tutti i dati. La seconda ci ha provato Giorgio che con un tempo record di 45 secondi netti mi ha concesso di vivere l'edificante esperienza di ricevere un rifiuto nel giro di 11 ore. Risposta: aveva già un romanzo dal tema troppo simile da seguire. E va be'.
Ho scritto a varie major, una di queste mi ha chiesto la versione cartacea in lettura e mi sembra un ottimo segnale. Ma da qui a 4 mesi cosa farò?
C'è da diventare pazzi a fare gli scrittori oggi giorno. Pazzi compleamente.

venerdì 2 ottobre 2015

2 ottobre: festa dei nonni

Nonna Maria, mia nonna. Una donna forte, lo sguardo severo e un sorriso gioioso. Circondata da fiori e dai nipotini trascorreva le sue estati tra una seggiolina su cui preparava i mazzetti di garofani e la cucina. Pipi chini e pruppetteddi al ritorno dal mare. Ogni sera dovevamo sfilarle davanti prima di uscire, doveva essere certa che i suoi nipoti fossero i più fashion di Melito. Nonna Maria e i suoi sorrisi con la mano davanti, i suoi occhiali che toglieva solo per minacciarci con lo sguardo quando eravamo incontenibili, la permanente brizzolata, i suoi grembiuli a fiori. Altro che nonne moderne vestite da cat woman. 

Nonno Mico. Un passato da attore mancato, i suoi capelli bianchi con l’onda sempre impeccabile, la schiena dritta anche quando la silicosi – eredità di una vita bruciata nelle miniere – lo soffocava. Nei ricordi più lontani lo vedo arrivare sul suo ciao amaranto con una montagna di garofani dietro il sellino. In quelli più vicini se ne sta seduto sul divano, la tv accesa ma gli occhi estasiati su mia nonna. L’ha adorata fino alla fine. Ogni tanto vedeva la Madonna e alcuni racconti narrano le sue fughe al mendulari; quando c’era un terremoto, si rifugiava sotto un mandorlo. Dicono che abbia battuto la testa da giovane, per questo ogni tanto andava in corto. Ma vista la follia che aleggia sulla sua famiglia (che poi è anche la mia) direi che forse era proprio così, anche senza colpo in testa.


Nonna Rosa… l’ultima volta che l’ho vista avevo poco più di un anno. La ricordo nelle foto da anziana, con gli occhiali e lo sguardo buono. Uno chignon bianco. Nella foto che ho in camera invece è una donna giovane e forte, lo sguardo fiero, il volto che assomiglia impressionantemente al mio, incorniciato in una capigliatura bruna. Di lei so che era una donna molto dolce. In tempo di guerra ospitava gli sfollati e offriva loro quel poco che già divideva con i suoi nove figli. In realtà ne aveva partoriti dieci ma la prima figlia morì che aveva pochi mesi, e da vecchietta – anche se Rosaria non c’era più da mezzo secolo – mia nonna la cullava. Aveva nove figli, venticinque di nipoti, ma lei cullava quella bambina perduta.

Nonno Ciccu, l’ultima volta che l’ho visto mi mancavano tredici anni per nascere. Chissà perché i nomi dei nonni li abbreviavano e quelli delle nonne no? Ovviamente i miei nonni maschi si chiamavano Francesco e Domenico come i miei fratelli. Io sono una Rosa Maria mancata, ma ho recuperato con i secondi nomi delle mie figlie.

lunedì 28 settembre 2015

La fattoria degli animali





Interrotto “Dance Dance Dance” che proprio non mi trasmetteva niente – chissà, forse non era il momento giusto – mi sono buttata a capofitto su un libro consigliatomi caldamente dopo aver letto 1984. Ho lasciato passare qualche tempo, conosciuto qualche nuovo autore, ed eccomi tornata a Orwell che come immaginavo mi ha rapita con il suo: “La fattoria degli animali”.
La storia di questi ribelli, che si rivoltano e cacciano un padrone ingiusto, che li schiavizza in cambio di un rancio scadente, per poi ritrovarsi a distanza di tempo con un padrone peggiore. Peggiore perché della propria specie. Ed è questo che irrita durante la lettura, che fa ribollire il sangue. Ci si chiede perché, perché questi animali non si ribellano? Perché stanno lì a farsi prendere in giro da Piffero - il portavoce del Capo - che ogni volta li convince di ciò che vuole? Ci si illude che questo nel mondo reale non accade, perché si tratta di semplici animali: mucche, capre, asini, cavalli, galline. Loro non sono esser intelligenti come noi!
Ed è qui il bello.
Da decenni siamo sottomessi dai “maiali”, ma non ci ribelliamo neanche noi. Il politico di turno, casualmente con la stessa faccia del Compagno Napoleone - leader della fattoria del romanzo - fa ciò che vuole, e noi pecore, galline, cavalli e asini accettiamo tutto passivamente. Ogni tanto ci accorgiamo che qualcosa non quadra. Ma poi le pecore belano ossessivamente: “quattro gambe buono, due gambe cattivo” e ti confondono. Qualcuno più audace  va a rivedere le leggi e si accorge che hanno aggiunto un cavillo. Ma Piffero ti assicura che non è stato aggiunto nulla, che la legge era già così! E allora hanno ragione loro, e tutti gli animali sono uguali ma alcuni - i maiali - sono più uguali degli altri, e noi possiamo solo subire, lavorare a testa bassa e fare sacrifici mentre loro ingrassano alla faccia nostra.
Capisco perché Orwell fece una gran fatica a farselo pubblicare.
Diceva una verità troppo scomoda.

martedì 22 settembre 2015

Diario di una crociera - Turchia e Croazia - luglio 2015






Ormai l'avete capito, sono appassionata di viaggi e di recente ho scoperto le crociere, che come concezione non sono il mio ideale, ma per muoversi con le bambine piccole è il modo più agile ed economico. E il balconcino sul mare, vale tutto il kitch che si è costretti a subire durante la navigazione.


Quella che vi descrivo è la nostra quarta crociera. Siamo saliti per la prima volta sulla Msc Poesia, la nave più bella che ci sia: elegante, maestosa e allo stesso tempo sobria. Forse la più grande su cui sono salita, molto bello il ristorante (Palladio) e anche il teatro. Per il resto in linea con le altre navi. Molto stabile anche sul mare mosso. Non so se per via della nostra cabina, XII ponte a poppa, o per la sua strana conformazione, con le cabine rientranti rispetto all'ultimo ponte e alle scialuppe.
Buffet molto ricco e vario, si mangia sempre. Ai ristoranti si mangia bene anche se non a livello di altre navi. Personale purtroppo poco cortese e accomodante, a parte il cabinista e il cameriere che sono due persone squisite. Anche se il cabinista si fa attendere e non prepara pupazzetti con le asciugamani. Sembrano un po' tutti scontenti. Molti napoletani, sicuramente simpatici ma che rendono la nave in po' troppo italiana.
Ma andiamo con ordine:

GIORNO 1: Venezia
Ci imbarchiamo velocemente a Venezia. Grazie alla bambina nel passeggìno ci danno la priorità e in meno di mezz'ora siamo già a bordo. Come sempre al primo pranzo in nave mangiamo patatine fritte e hamburger, ma ci accorgiamo subito della varietà del buffet e della sua qualità: il panino è di una morbidezza incredibile. Cabina elegantissima anche se affacciandoci ci troviamo una tettoia che sporge di almeno due metri sopra le nostre teste e ci priva di una buona porzione di cielo.
Le bambine si fermano per la prima volta al baby club e io e mio marito andiamo per la prima volta da quando esistono a cena da soli. Il ristorante che ci viene assegnato è l'elegantissimo Palladio.
Ci accorgiamo a tarda ora di avere un problema dell'aria condizionata in cabina che continua a soffiare aria gelida nonostante le impostazioni del termostato. Questo mi fa beccare un bel raffreddore che mi trascinerò per quasi tutta la vacanza. Il giorno dopo però il tecnico sistemerà tutto.

GIORNO 2: Bari.
Seguendo i preziosi suggerimenti che come sempre raccolgo sul forum Crocieristi.it ci facciamo portare la colazione in cabina. E devo ammettere che è un gran buon inizio di giornata. La nave è al completo e di fare a gomitate di prima mattina proprio non ne abbiamo voglia e comunque per il nostro tipo di cabina ("Fantastica") è previsto il servizio gratuito.Scendiamo dalla nave con calma, impieghiamo una decina di munuti poer uscire dal porto e dopo aver evitato guide e taxisti e chi più ne ha più ne metta, scegliamo il trenino turistico. Non tanto perchè sia necessario, visto che la città antica è proprio lì davanti e non sembra nemmeno molto estesa, quanto perché la bimba più grande, senza passeggino, non ha voglia di camminare sotto il sole. Dopo le prime perplessità, la scelta si rivela azzeccata perché oltre al gioco del treno c'era una brava guida turistica che ad ogni tappa ci spiegava esaustivamente tutto e ci dava il tempo di entrare all'interno delle maggiori attrazioni. Visitiamo la cattedrale di San Nicola, la città vecchia e la basilica di San Sabino, passeggiamo nelle vie in cui le case sono a livello della strada e le signore preparano le orecchiette a vista. Stupiti da questa Bari che non ci aspettavamo rientriamo in nave, dove ci rilassiamo qualche minuto con le bambine e poi le spediamo al baby club

GIORNO 3: Katakoolo.
Essendo già stati durante una precedente crociera a Katakolon e avendo riscontrato il nulla che la caratterizza decidiamo senza esitazioni di non scendere dalla nave. Quindi trascorriamo la tarda mattinata in piscina con le bambine, pranziamo al ristorante Le Fontane perché al buffet non c'è posto e mentre le bambine si godono il baby club io e mio marito ci godiamo il mare, sul nostro balconcino, assorti nelle nostre letture.
Per l'occasione ho scelto un libro che secondo me ben si addice ad un viaggio del genere: il Conte di Montecristo.

GIORNO 4: Izmir
Iniziamo la mattina con la nostra bella colazione in camera anche se arriva in ritardo e non è quella che avevamo richiesto. La puzza di fogne che aleggia nell'aria e fa a pugni con la bellezza della neve è sempre più insistente. Si sente non solo all'ingresso della nave al ponte 4, ma anche nei corridoi del dodicesimo ed è quasi insopportabile in zona piscine. Notiamo che i pavimenti al buffet sono sempre appiccicosi e le stoviglie molto spesso sono incrostate. Per la prima volta in vita nostra vediamo gente che butta le bottigliette di plastica vuote in mare.
Insomma, un gran peccato.
Comunque al mattino scendiamo dalla nave con le bambine e facciamo una passeggiata sul lungomare di Smirne. Poi ci addentriamo tra le vie dello shopping fino al parco delle arti. Una città carina, ma niente di ché. Rientriamo in nave per il pranzo, poi portiamo le bambine al baby club e torniamo in cabina a rilassarci in quel bel quadro che ci offre il nostro imprescindibile balconcino sul mare.
Il cabinista distratto e lo scazzo generale che distingue il personale di bordo, ci porta a dubitare di voler lasciare la quota servizio.
Per questo decidiamo di smettere di usufruire della cena al ristorante e iniziamo ad accontentrci del buffet.

GIORNO 5: Istanbul
Ecco, i turchi.
Quando ho detto a mia madre che saremmo andati in Turchia lei istintivamente ha risposto: "Oddio, i turchi!!! Non scendete dalla nave o almeno tenete in salvo le bambine". E io un po' timorosamente sono scesa, provando a convincere le piccole a restare a bordo. Non potevo rischiare che conoscessero questi ORCHI TURCHI che... Sul tram, se solo vedono una persona, uomo o donna che sia, sopra la sessantina lasciano il posto a sedere. Che guardano i bambini con occhi pieni di tenerezza e spesso non resistono alla tentazione di accarezzargli il faccino o far loro un buffetto. Che ti vedono dubbioso sulla direzione del tram e pur non perlando l'italiano o l'inglese si prodigano nel darti le indicazioni nemmeno richieste. Questi sono i turchi. Gente dolcissima e a modo che credevo non esistesse più. Comunque anche a Istanbul siamo scesi tutti e quattro dalla nave, abbiamo preso il tram nella direzione sbagliata, corretto la mira e giunti in una decina di minuti al centro della città, tra Santa Sofia e la Mosche Blu. Attratti più dalla moschea abbiamo iniziato da quella, fatto la nostra brava fila, acquistato un velo per me, tolto le scarpe prima di entrate e immergerci in quest'immensa opera d'arte col pavimento di velluto e le volte bianche e blu. Subito all'ingresso ci ha accolti un dolce profumo di incenso, la sensazione di pace che si respira in quei luoghi zeppi di amore e preghiere che nulla hanno a che vedere con quegli estremismi che spesso si tendono a generalizzare per ignoranza.
Usciti dalla moschea non avevamo voglia di fare una seconda fila per entrare in una chiesa (a Bari ne avevamo già visitate due ed eravamo piuttosto sazi) così ci siamo fiondati nella vicina Basilica Cisterna, nei sotterranei della città. Nessuna fila, posto spettacolare. Indescrivibile.
Usciti da lì davvero non c'era più spazio dentro di noi per altre novità, e rimandando Santa Sofia, il palazzo Topkapi e il Grand Bazar alla prossima volta (con la monetina nella cisterna abbiamo sancito la promessa) ci siamo concessi una passeggiata nel giardino del sultano e una breve sosta da Mc Donald che ci ha concesso un quarto d'ora di wireless. Preso il tram nuovamente nella direzione sbagliata, riaggiustato la mira e tornati in nave ad ammirare, dal nostro balconcino sul mare, il palazzo del sultano la moschea e la chiesa. Allontanandoci poi con la nave, abbiamo potuto ammirare la città nella sua interezza, quei grattacieli degni di una down town americana e palazzi e moschee a perdita d'occhio, connubio perfetto tra oriente e occidente pieno di magia. Abbiamo salutato il Bosforo con un filo di malinconia. Poi bimbe al baby club e relax fino al loro ritiro in teatro alle 23.

GIORNO 6: Navigazione
La giornata inizia di nuovo imperfetta, con la colazione che questa volta arriva in ritardo. Usciamo dalla cabina alle 12 per portare le bambine in piscina; al nostro ritorno, verso le 2 la cabina non è ancora stata riordinata. Facciamo le docce e prima di andare a pranzo lasciamo fuori per la prima volta la richiesta di rifare la cabina. Pranziamo con calma, portiamo le bambine al baby club, torniamo in cabina ed è ancora come prima, con la colazione sul tavolo. Dopo un'oretta andiamo al teatro dove i bambini faranno un bellissimo spettacolo organizzato dai bravi animatori. Tornati in cabina, e trovandola ancora in disordine - sono quasi le 6 di sera - dopo aver implorato quattro camerieri al buffet di pulire un tavolo libero con gli avanzi di cibo degli ospiti precedenti e dopo che la quinta cameriera si degna di farlo e non pulisce nemmeno bene il tavolo... Prendo e vado alla reception, dove per la prima volta in vita mia chiedo di non pagare le tasse di servizio. Il personale della nave è veramente scortese, la nave oltretutto sempre sporca, pavimenti e porte appiccicose, stoviglie con incrostazioni di cibo. Insomma, una nave meravigliosa lasciata nelle pessime mani degli italiani. Un vero peccato.
Riportate le bambine al baby club vado a correre in cima alla nave, che è uno di quei piaceri a cui non rinuncio, neanche quando l'insopportabile odore di fogna è divenuto molto simile allo zolfo.
Però la nave non effettua l'imprevista sosta tecnica a Katakolon, segnalata nel Daily la sera prima. Secondo il Daily la nave avrebbe dovuto effettuare uno scalo tecnico per uno scambio di documentazione portuale. Con mio marito pensiamo che più che di documenti si tratti di autospurghi.
Ma la nave non si ferma... così pensiamo malignamente che se il giorno seguente quell'odore sarà sparito, vorrà dire che la prestigiosa nave avrà sversato qualche tonnellata di merda in mare.
Si accettano scommesse...

GIORNO 7: Dubvronik
Questa volta il cameriere ci porta la colazione mezz'ora prima, trovandoci tutti addormentati, però c'è tutto quello che abbiamo richiesto.
Un mezzo miracolo.
La MSC ci propone di utilizzare la propria navetta per raggiungere il centro della città (a 15 minuti dal porto secondo loro, in realtà sono 5) alla MODICA cifra di 13€ ad adulto e 10€ a bambino. Scendiamo confidando nella presenza di un mezzo pubblico, che probabilmente ci permetterà di raggiungere il centro con 4€ (i bimbi in genere non pagano MAI i mezzi pubblici) anziché 46€!
Alla fine prendiamo un taxi, che con 13€ ci catapulta nella città vecchia. Molto suggestivo l'ingresso e lo stradun. Ci perdiamo tra le vie e i mercatini molto carini e le chiese. Rinunciamo però al giro sulle mura perché il sole è a picco e in quella zona non tira un filo d'aria. Per cui dopo la bella passeggiata torniamo tutti felici in nave.
Bimbe al baby club, corsetta al quattordicesimo ponte, puzza di fogne quasi svanita...
Avendo deciso di non dare mance, neanche questa sera usufruiamo ristorante ma preferiamo il buffet dove chiediamo gentilmente le ultime due bottiglie d'acqua del carnet a un cameriere che meno gentilmente ce le porta senza bicchieri. Allora glieli chiedo e lui mi risponde: "sono là". Allora mezza incazzata mi alzo per andare a recuperarli personalmente e questo, leggermente imbarazzato, mi anticipa di qualche passo e mi consegna i bicchieri. Ma dico, perché sono tutti così stronzi su quella nave??
Va be', torniamo in cabina e ammiriamo il mare finché c'è ancora un filo di luce. Si fa argento, poi blu, poi color notte, salutiamo le splendide isole croate, osserviamo estasiati i fari che ricambiano il nostro saluto con un occhiolino e sogniamo il giorno in cui alloggeremo in uno di quei luoghi sperduti. Depositiamo le valige fuori dalla cabina, un po' malinconici. Ritiriamo le bambine in teatro. Ringraziamo i ragazzi dell'animazione che sono stati davvero fantastici. E ci godiamo l'ultima notte in nave, cullati dalle onde e dal dolce suono del mare. 

Scrittori, brutta gente.

Avevo un'amica scrittrice, una donna come me, che ovviamente scriveva per passione ma aveva un lavoro, un marito, due figli. L'avevo conosciuta su Facebook, luogo in cui mi vanto di conoscere le persone migliori. Perché le conosci dentro, mi dico, mica fuori. Quindi è difficile prendere fregature.
Ma, come spesso accade, mi sbagliai.
Pubblicammo il nostro primo libro più o meno insieme, ci chiedemmo entrambe di leggerci reciprocamente e darci le più sincere opinioni. Fui sincera. Trovai il suo libro molto articolato, denotava sicuramente una grande intelligenza della scrittrice, ma a livello di narrativa le feci qualche critica. Aveva uno stile troppo freddo per una storia d'amore, più adatto alla stesura di manuali scientifici, ed era poco fluente. Avevo anche faticato a leggere la storia perché c'erano troppi personaggi secondari che non centravano nulla con lo svolgimento del racconto. Creavano confusione e basta. Glielo dissi. Gentilmente e privatamente ovviamente.
Non mi parlò per due mesi.
Si difese dicendo che forse il suo romanzo non rientrava nel mio genere, per questo non l'avevo apprezzato. Le dissi di sì, per non ferirla, ma io non ho un genere preferito. Leggo di tutto.
Dopo due mesi tutto tornò come prima, pubblicammo un secondo romanzo entrambe. Questa volta le parlai solo dei punti di forza del suo romanzo, escludendo completamente le critiche negative. Lei del mio disse che sembrava scritto in uno stato di grazia...
Nel frattempo mi accorgevo che riceveva molte critiche negative, e che accusava chiunque di criticarla per invidia o sciocchezze simili. Quando la critica arrivò da un blogger oltreoceano, e lei reagì allo stesso modo, cioè tacciando di invidia il lontano sconosciuto, ponendosi in ridicolo davanti agli occhi di tutti, mi permisi di dirle: quando imparerai ad accettare le critiche?
Mi massacrò.
Mi rivolse i peggiori insulti che siano mai stati formulati. Mi disse che ad andar bene ero solo invidiosa di lei, ma probabilmente c'era dell'altro. Un complotto internazionale di cui ero la fautrice, probabilmente. Cose così. Che i miei libri che non aveva mai criticato prima - cosa che le avevo chiesto spassionatamente di fare perché per me le critiche sono fonte di crescita e miglioramento e valgono più dell'oro - facevano pena, sembravano scritti da una persona senza risorse, né pretese. Insomma, tirò furi tutta la cattiveria che aveva dentro. Non mi permetterei mai di giudicare nessuno, ma se una accusa tutti di invidia probabilmente è piena di quel sentimento oppure si sente dio.
Da questa esperienza ho capito che nella vita è sempre meglio essere poco sinceri. Che gli scrittori sono degli esseri frustrati e per lo più montati di testa - perché vi assicuro che quegli scritti erano davvero illeggibili e lei si sentiva la nuova Harper Lee - e che dato che non so mentire probabilmente nella vita resterò sola. E tutto sommato è un'ipotesi che non mi dispiace.