martedì 22 settembre 2015

Scrittori, brutta gente.

Avevo un'amica scrittrice, una donna come me, che ovviamente scriveva per passione ma aveva un lavoro, un marito, due figli. L'avevo conosciuta su Facebook, luogo in cui mi vanto di conoscere le persone migliori. Perché le conosci dentro, mi dico, mica fuori. Quindi è difficile prendere fregature.
Ma, come spesso accade, mi sbagliai.
Pubblicammo il nostro primo libro più o meno insieme, ci chiedemmo entrambe di leggerci reciprocamente e darci le più sincere opinioni. Fui sincera. Trovai il suo libro molto articolato, denotava sicuramente una grande intelligenza della scrittrice, ma a livello di narrativa le feci qualche critica. Aveva uno stile troppo freddo per una storia d'amore, più adatto alla stesura di manuali scientifici, ed era poco fluente. Avevo anche faticato a leggere la storia perché c'erano troppi personaggi secondari che non centravano nulla con lo svolgimento del racconto. Creavano confusione e basta. Glielo dissi. Gentilmente e privatamente ovviamente.
Non mi parlò per due mesi.
Si difese dicendo che forse il suo romanzo non rientrava nel mio genere, per questo non l'avevo apprezzato. Le dissi di sì, per non ferirla, ma io non ho un genere preferito. Leggo di tutto.
Dopo due mesi tutto tornò come prima, pubblicammo un secondo romanzo entrambe. Questa volta le parlai solo dei punti di forza del suo romanzo, escludendo completamente le critiche negative. Lei del mio disse che sembrava scritto in uno stato di grazia...
Nel frattempo mi accorgevo che riceveva molte critiche negative, e che accusava chiunque di criticarla per invidia o sciocchezze simili. Quando la critica arrivò da un blogger oltreoceano, e lei reagì allo stesso modo, cioè tacciando di invidia il lontano sconosciuto, ponendosi in ridicolo davanti agli occhi di tutti, mi permisi di dirle: quando imparerai ad accettare le critiche?
Mi massacrò.
Mi rivolse i peggiori insulti che siano mai stati formulati. Mi disse che ad andar bene ero solo invidiosa di lei, ma probabilmente c'era dell'altro. Un complotto internazionale di cui ero la fautrice, probabilmente. Cose così. Che i miei libri che non aveva mai criticato prima - cosa che le avevo chiesto spassionatamente di fare perché per me le critiche sono fonte di crescita e miglioramento e valgono più dell'oro - facevano pena, sembravano scritti da una persona senza risorse, né pretese. Insomma, tirò furi tutta la cattiveria che aveva dentro. Non mi permetterei mai di giudicare nessuno, ma se una accusa tutti di invidia probabilmente è piena di quel sentimento oppure si sente dio.
Da questa esperienza ho capito che nella vita è sempre meglio essere poco sinceri. Che gli scrittori sono degli esseri frustrati e per lo più montati di testa - perché vi assicuro che quegli scritti erano davvero illeggibili e lei si sentiva la nuova Harper Lee - e che dato che non so mentire probabilmente nella vita resterò sola. E tutto sommato è un'ipotesi che non mi dispiace.

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