venerdì 21 giugno 2019

DAY 3. Diario di viaggio in California: Down Town di Los Angeles






Anche questa mattina ci siamo svegliati prestissimo, circa alle 4:30, ma i risvegli a Los Angeles sono sempre piacevoli, l'aria è fresca, leggera e anche l'ora che precede l'alba non è buia del tutto.
Usciamo alle 8 dopo aver fatto una buona colazione a casa, apparecchiando su un mobiletto della sala perché, è evidente, negli Stati Uniti nessuno mangia più insieme, così, in un appartamento dotato di due camere da letto, un bagno e una bella cucina, non esiste un tavolo da pranzo.





Il progetto per la giornata prevede una passeggiata a Down Town, che ricordavo come una zona con quattro grattacieli e nient'altro, Beverly Hills e l'Osservatorio, invece Down Town si rivela molto più interessante di quanto ricordassi!
Parcheggiamo in zona Union Station, per visitare la famosa stazione dei treni. Scopriamo - collegandoci a internet e facendo la fatidica domanda: "Come funziona il disco orario a Los Angeles?" - che gli americani sono persone oneste, quindi non c'è bisogno di prove per dimostrare il rispetto dell'orario di sosta. Le persone, se parcheggiano lì, stanno due ore al massimo e se ne vanno. Noi decidiamo di comportarci allo stesso modo :-)
Prima di raggiungere la stazione, una coppia di sconosciuti, come poi accadrà molte altre volte, si sente in dovere di darci delle indicazioni non richieste, che noi seguiremo alla lettera. In questo caso il suggerimento ci permette di scoprire un angolo suggestivo della città, che non conoscevo, e cioè la zona più antica: El Pueblo. Una via piena di negozietti e bancarelle messicane, ristorantini tipici e anche le prime case costruite a Los Angeles. Passeggiare in quelle viette è davvero piacevole, visitiamo anche una casa "antica" - con dentro uno strano pianoforte, un finto cavallo, un  letto molto alto e un abito da sposa - finché ci ritroviamo in una piazzetta raccolta (a Los Angeles! Ho sempre detto che non c'erano piazze...) e un bel parco con al centro la statua di uno dei fondatori della città (o chi per esso) a cavallo.





Per il pomeriggio è prevista una sfilata in cui battezzano gli animali, o qualcosa del genere - lì c'è proprio il culto degli animali domestici che vengono trattati meglio dei bambini - alla quale però non parteciperemo. Avessimo avuto con noi Lola, chissà.
Andiamo poi alla stazione dei treni che è molto affascinante, facciamo la seconda colazione in una crèperia al suo interno, osserviamo le persone che passano, con incedere lento, in quello che sembra più un salotto di altri tempi misto a una libreria, trattenendo a fatica la voglia di prendere il primo treno e partire, così, senza una meta, solo per il gusto di immergerci, ancora di più, in quell'atmosfera da film. Purtroppo sono quasi trascorse le due ore di parcheggio, così corriamo all'auto - non si dica che gli italiani non rispettano le regole - e decidiamo di avvicinarci alla zona dei grattacieli. Solo che, non facciamo che qualche centinaio di metri, scopriamo di essere a ridosso del maestoso quartiere di China Town. La più grande China Town mai vista, così parcheggiamo ipnotizzati davanti a uno degli ingressi principali e ci inoltriamo in questo angolo d'oriente in pieno occidente.





Dopo una passeggiata in quello che, trovandoci negli Stati Uniti sembra un'allucinazione, riprendiamo l'auto e ci avviciniamo ai grattacieli; impostiamo il navigatore (Santo Subito) sulla Concert Hall e, visto che non c'è posto all'aperto, parcheggiamo al suo interno.




La struttura ha una forma davvero originale, hanno dovuto opacizzare le pareti esterne color acciaio perché abbagliava le auto e causava incidenti, ma anche opaca fa la sua bella figura e nel 2002 non esisteva ancora, per cui anche per me è stata una novità assoluta (insieme al Pueblo, China Town e la stazione). Scopro che andare in una città come turista è diverso che andarci a vivere. In pratica, nei sei mesi di diciassette anni prima, di Down Town non avevo visto nulla.
Giriamo in lungo e in largo le vie del centro, adoro i grattacieli, mi ricordano New York e il cuore di L.A. pulsa più forte che mai. Cerchiamo un Mc Donald per proseguire la collezione di pupazzetti che regalano con l'Happy Meal, ma quando lo cerchi non lo trovi mai. Giorgio allora imposta il navigatore a piedi e dopo una lunga camminata ci troviamo a casa di una signora Mc Donald, che non cucina ma vende assicurazioni. Giorgio ha rischiato il linciaggio - andare in giro con tre donne stanche e affamate non è il massimo, lo riconosco - però se ci penso rido ancora.






Finito il bel giro inaspettato proviamo ad andare all'Osservatorio, ma ci mettiamo tanto a tornare - muoversi a Los Angeles è diventato un incubo - quando arriviamo in cima alla collina non c'è parcheggio, di lasciare l'auto a due chilometri e poi salire a piedi non se ne parla, siamo stanchi e il jet leg, almeno a me, fa ancora venire voglia di andare a letto alle sei di sera. Così rimandiamo la gita al giorno seguente, torniamo all'appartamento dove Giorgio cucina qualcosa di squisito che io appena assaggio. Ho più sonno che appetito. Le bambine guardano Harry Potter, io chiudo gli occhi, li riapro. E' già il giorno dopo :-)