mercoledì 25 settembre 2019

DAY 6. Universal Studios

E' finalmente arrivato il giorno degli Universal Studios. Diciassette anni fa ci avevo rinunciato per il costo esorbitante del biglietto d'ingresso. Anche questa volta ha rischiato di balzare ma poi mi sono detta che forse non tornerò più a Los Angeles, leggendo le recensioni in giro pareva ne valesse davvero la pena... Così Giorgio ha venduto un rene   :-)  e abbiamo acquistato i biglietti online.
Dico subito che secondo me non ne vale la pena, tornassi indietro risparmierei 450 € e me ne andrei un giorno sull'Oceano.  Alla fine è solo un parco a tema, mi sono sempre rifiutata di andare ai vari Disneyland, Gardaland... in questo caso speravo di entrare nell'atmosfera dei film, purtroppo non è accaduto. Ma andiamo con ordine :-)

Grazie al fuso orario residuo e la vicinanza dal nostro appartamento (zona East Hollywood/Korea Town), siamo arrivati agli Studios molto presto. Abbiamo parcheggiato all'interno del parco, nella zona più distante dall'ingresso: General Garage settore Jurassic - che è il meno costoso, 25 € - e con una passeggiata di dieci minuti sulla City Walk siamo arrivati all'ingresso del parco.





Prima delle nove c'era poca gente, avevamo scelto anche un giorno in settimana (mercoledì) proprio per non trovare la ressa ed effettivamente fino a mezzogiorno è andata bene. Avremmo potuto fare anche i biglietti direttamente alla cassa. Così ci siamo fiondati subito verso le attrazioni più gettonate. Prima su tutte: il mondo di Harry Potter.










Siamo entrati nel famoso villaggio di maghi (le bimbe erano emozionatissime, in quei giorni non facevano che rivedere i film di Harry Potter sul computer) diretti verso l'attrazione principale, cioè la scuola di magia e stregoneria di Hogwarts.




Non sapevamo bene cosa aspettarci, immaginavamo una passeggiata al suo interno, qualche effetto speciale e via, finché  non ci siamo trovati dentro una giostra dall'aria inquietante. Mi è venuto il sospetto che fosse un po' troppo per noi, che non amiamo essere sballottati, così ho chiesto al signore all'ingresso se fosse un po' troppo per le bambine; questo mi risponde di no - o almeno così mi sembra, il mio inglese è abbastanza patetico - e ci fa salire, quasi al volo, su uno dei sedili da quattro che sfilano senza quasi fermarsi. Ci mettono le protezioni di sicurezza e lì inizio a preoccuparmi. Giorgia inizia a piangere (l'avrei fatto anch'io ma dovevo darle coraggio). Insomma, la sensazione è stata quella di salire su una scopa volante e giocare a Quidditch con Harry Potter che appare davanti e, sospeso a qualche centinaio di metri, ci invita a seguirlo e noi - vento in faccia - voliamo, ci ribaltiamo, scendiamo in picchiata, saliamo ad altezze vertiginose, insomma, personalmente volevo morire.
Lasciamo l'attrazione giurando che non ci saliremo mai più e ci dirigiamo, barcollanti, verso la stazione dello Studio Tour; per fortuna non c'è fila neanche lì. Saliamo su un pulmino dove ci consegnano gli occhiali per le scene in 4D, ma siamo un po' più tranquilli. Il giro inizia attraversando alcuni set che rappresentano una sorta di museo del cinema, come la zona della guerra dei mondi con tanto di areo precipitato e fumante, i quartieri di New York o Western che utilizzano per alcune scene di film, Wisteria Lane delle Desperate Houswives, il paesino dei Nonsochì tanto odiati dal Grinch, la giungla di Jurassic World, il motel di Psyco con il protagonista che carica sul baule di un'auto una donna appena assassinata, la parete azzurra che rappresentava la fine del mondo fittizio del Thruman Show, il mare dello Squalo (che è invece un laghetto ed è lo stesso mare del Thruman Show e dell'isola di Tortuga) e poi abbiamo assistito a un repentino cambio di clima, passando nel giro di un minuto dal sole al temporale, alla pioggia, all'inondazione!




Poi siamo passati con il pulmino dentro dei capannoni dove abbiamo assistito ad alcune scene di film riprodotte in 4D. Sembrava di assistere dal vivo al combattimento di un gigantesco Godzilla contro un T-rex, che ci cadeva addosso. O a un incidente in metropolitana, con le fiamme che sembravano divorarci. O sopra un auto lanciata a folle velocità sulle strade di Los Angeles in un inseguimento di Fast & Furious. Insomma, il giro degli Studios è stato proprio bello, ma non giustifica i 450 € per i biglietti d'ingresso.

Usciti da lì siamo andati a Springfield dove abbiamo fatto merenda con un Giga Donuts tanto amato dai Simpson.




Da lì ci siamo spostati all'attrazione dei Mignon, con Giorgia che frignava per la paura, e quella è stata l'ultima giostra che ci siamo concessi. Le emozioni a più dimensioni non fanno per noi, così abbiamo rinunciato alla giostra di Kung Fu Panda, la Mummia e Walking Dad. Ci mancavano solo gli zombi!
Dopo tutte queste rinunce siamo andati allo show intitolato "Animal Actor", carino, e poi abbiamo pranzato da Crusty Burger. Purtroppo a quel punto sono iniziate le file, abbiamo atteso un'ora per mangiare però abbiamo trovato posto a sedere, sentendoci dentro una puntata dei Simpson.




Abbiamo assistito allo show intitolato "Water World" con gli stuntman che si gettavano dall'alto in mezzo alle fiamme, esplosioni, l'aereo che precipitava proprio davanti a noi... forse questa è stata l'attrazione più suggestiva della giornata.
Usciti dal parco siamo ripassati dalla City Walk, che è molto carina, e per tornare a casa abbiamo fatto un giro su Mulholland Drive, da dove si vedono gli Studios dall'alto con tutta la San Fernando Valley, e Beverly Hills.

Alla fine è stata una bella giornata :-)



venerdì 20 settembre 2019

DAY 5. Malibu e quasi-Topanga Canyon



Dopo cinque giorni il fuso orario è riassorbito, almeno al mattino. Ci svegliamo con il sole alto nel cielo. Come da programma, dopo colazione, andiamo a Malibu.
Ci fermiamo nel primo parcheggio libero che troviamo davanti a un passaggio che porta al mare. Costeggiamo alcune ville ed ecco la spiaggia, raccolta, calda, più piccola di quella di Venice e Santa Monica. Anche l'Oceano è più calmo, viene quasi voglia di fare il bagno. Peccato non aver portato il costume. Le bambine allora rimangono in mutandine e vanno a bagnare i piedi, giocano sulla sabbia, mentre io e Giorgio ci godiamo un po' di tepore e fantastichiamo sulle ville alle nostre spalle. Ci chiediamo a chi appartengano, quanto possano costare, quanto ci piacerebbe vivere lì e cosa faremmo se potessimo miracolosamente farlo. E' tutto molto bello, peccato rimarrà solo uno dei tanti sogni a occhi aperti che non realizzeremo mai.




Pranziamo in un Mc. Donald di lusso nei paraggi - siamo pur sempre a Malibu, senza accento sulla U - e poi decidiamo di andare a Topanga Canyon.
La strada che porta al parco è chiusa così, grazie al navigatore, allunghiamo di circa una cinquantina di chilometri - però il giro è molto bello, i canyon all'interno sono incantevoli - e ci ritroviamo davanti a un ingresso chiuso, forse quello che mi ispirò il capitolo intitolato per l'appunto "Topanga Canyon" in "Che ne sai dell'amore". Gira e rigira, da perfetti impediti, riusciamo a entrare in un altro parco chiamato: Los Leones. Tanto che ci siamo ci infiliamo nel sentiero e facciamo questa bella passeggiata molto confortante. Non sarà Topanga ma quanto ci ricorda la montagna che amiamo. Peccato l'affollamento di persone molto ginniche che incrociamo sul percorso. A noi la montagna piace in solitaria ma siamo a Los Angeles, uno dei posti più popolati del mondo, tocca accontentarsi :-)



Torniamo a casa benedicendo il cambio automatico, che in mezzo a quel traffico è un salvavita, e andiamo alla lavanderia a gettoni con tre buste di roba, tra vestiti e asciugamani. Al rientro troviamo la padrona di casa che ci offre una bottiglia di vino rosso per farsi perdonare. Io continuo a guardarla in cagnesco pregustando il momento in cui la stroncherò con una recensione negativa su Tripadvisor, Giorgio la ringrazia cordialmente.




La sera prenotiamo l'ingresso agli Universal Studios per il giorno dopo: 450 € in quattro, un autentico salasso. Chissà se ne varrà la pena ;-)

mercoledì 18 settembre 2019

DAY 4. Osservatorio e Venice Beach



E' il giorno di Pasqua ma noi non ce ne accorgiamo. A Los Angeles la Pasqua è un giorno come un altro, tutti i negozi e i supermercati sono aperti, il traffico è il solito tormento e non esistono le uova di cioccolata.
Finalmente ci svegliamo a un'ora decente, qualche minuto dopo l'alba. Il jet-leg si sta dissolvendo e la giornata appare più semplice. Facciamo colazione sul mobiletto della sala :-)



e poi partiamo per l'Osservatorio; in dieci minuti raggiungiamo il parcheggio grande ai piedi della collina. Arriviamo presto, prima delle 9, e troviamo subito posto. Quasi senza aspettare il resto della famiglia mi incammino verso la strada asfaltata ma Giorgio, che è un filo più attento di me, mi indica un percorso pedonale sterrato. Stupita, quasi offesa, dico che non credo porti all'osservatorio. Incredibilmente ha ragione lui. Così lo imbocchiamo - io sempre un po' titubante - e ci ritroviamo su un sentiero al sole che mi ricorda tanto la Calabria (anche diciassette anni fa la California mi ricordava la Calabria, anche se in quel sentiero non c'ero mai stata).




La salita è di circa mezz'ora, la nostra dura un po' di più perché ci fermiamo qua e là a scattare foto, soprattutto quando scorgiamo la famosa scritta di Hollywood.




Arrivati in cima rimaniamo incantati dalla vista sulla città. In pratica si vede quasi tutta e toglie il fiato per la sua immensità.
Entriamo all'Osservatorio che non è un granché. La principale attrazione del luogo resta la sconfinata Los Angeles vista dalla collina di Hollywood.




Pranziamo in un fast food dentro l'osservatorio e poi decidiamo di andare a Venice Beach. Impieghiamo quasi un'ora a causa del traffico infernale sulla Freeway, parcheggiamo all'altezza del Nouvelle Caffè, un locale dove mi rifugiavo da ragazza che purtroppo ha lasciato il posto a una lavanderia :-(
Venice è sempre affascinante e scanzonata, con le bancarelle sul lungomare, la spiaggia che si estende a perdita d'occhio.



Ci avviciniamo a un gruppo di persone che fanno musica. Perfetti sconosciuti che seguono lo stesso ritmo. Ci sono delle tende, molte birre, ognuno con il proprio strumento improvvisa una melodia e chi non suona balla, ed è meraviglioso. Balliamo anche noi e Giorgio, che non sa ballare, rimpiange di non aver portato il violino. Mi preoccupo per le bambine che respirano passivamente più marijuana di quanto non sia accaduto nei giorni precedenti. A Los Angeles l'hanno legalizzata e la fumano tutti. Lì, sebbene ci troviamo all'aperto su una spiaggia, sembra di essere all'interno di una nube tossica. Giulia inizia a cantare una canzone della Carrà - che non so, giuro, dove l'abbia ascoltata - e quando fa così vuol dire che ne ha respirata troppa, così lasciamo il gruppo a malincuore e proseguiamo la nostra passeggiata.
Le bancarelle sono sempre originali, quella che supera tutte, che ci suggerisce una possibile prossima professione, è quella gestita da un uomo con l'aria da Gesù Cristo, seduto su una poltrona, con accanto un cartello che dice: ASK ME ANYTHING. 1 dollar.
Insomma Venice ci conquista con quell'aria un po' decadente ma esclusiva, di anni settanta che sopravvivono cocciutamente ai duemila, con la sua voglia di libertà che trasmette in chi ci trascorre anche solo qualche ora.



Rovino un po' di quella sensazione magica perché convinco la famiglia a fare un giro sulla Promenade di Santa Monica. Volevo rivedere l'altro Trastevere, quello in cui avevo chiesto lavoro nel 2002 e che mi aveva indirizzato a Hollywood. Purtroppo la Promenade è un po' come il corso di qualunque posto di mare, con i negozi e i ristornati, ma ci fermiamo poco e torniamo a casa a un orario più che decente, molto vicino al tramonto :-)