lunedì 28 settembre 2015

La fattoria degli animali





Interrotto “Dance Dance Dance” che proprio non mi trasmetteva niente – chissà, forse non era il momento giusto – mi sono buttata a capofitto su un libro consigliatomi caldamente dopo aver letto 1984. Ho lasciato passare qualche tempo, conosciuto qualche nuovo autore, ed eccomi tornata a Orwell che come immaginavo mi ha rapita con il suo: “La fattoria degli animali”.
La storia di questi ribelli, che si rivoltano e cacciano un padrone ingiusto, che li schiavizza in cambio di un rancio scadente, per poi ritrovarsi a distanza di tempo con un padrone peggiore. Peggiore perché della propria specie. Ed è questo che irrita durante la lettura, che fa ribollire il sangue. Ci si chiede perché, perché questi animali non si ribellano? Perché stanno lì a farsi prendere in giro da Piffero - il portavoce del Capo - che ogni volta li convince di ciò che vuole? Ci si illude che questo nel mondo reale non accade, perché si tratta di semplici animali: mucche, capre, asini, cavalli, galline. Loro non sono esser intelligenti come noi!
Ed è qui il bello.
Da decenni siamo sottomessi dai “maiali”, ma non ci ribelliamo neanche noi. Il politico di turno, casualmente con la stessa faccia del Compagno Napoleone - leader della fattoria del romanzo - fa ciò che vuole, e noi pecore, galline, cavalli e asini accettiamo tutto passivamente. Ogni tanto ci accorgiamo che qualcosa non quadra. Ma poi le pecore belano ossessivamente: “quattro gambe buono, due gambe cattivo” e ti confondono. Qualcuno più audace  va a rivedere le leggi e si accorge che hanno aggiunto un cavillo. Ma Piffero ti assicura che non è stato aggiunto nulla, che la legge era già così! E allora hanno ragione loro, e tutti gli animali sono uguali ma alcuni - i maiali - sono più uguali degli altri, e noi possiamo solo subire, lavorare a testa bassa e fare sacrifici mentre loro ingrassano alla faccia nostra.
Capisco perché Orwell fece una gran fatica a farselo pubblicare.
Diceva una verità troppo scomoda.

martedì 22 settembre 2015

Diario di una crociera - Turchia e Croazia - luglio 2015






Ormai l'avete capito, sono appassionata di viaggi e di recente ho scoperto le crociere, che come concezione non sono il mio ideale, ma per muoversi con le bambine piccole è il modo più agile ed economico. E il balconcino sul mare, vale tutto il kitch che si è costretti a subire durante la navigazione.


Quella che vi descrivo è la nostra quarta crociera. Siamo saliti per la prima volta sulla Msc Poesia, la nave più bella che ci sia: elegante, maestosa e allo stesso tempo sobria. Forse la più grande su cui sono salita, molto bello il ristorante (Palladio) e anche il teatro. Per il resto in linea con le altre navi. Molto stabile anche sul mare mosso. Non so se per via della nostra cabina, XII ponte a poppa, o per la sua strana conformazione, con le cabine rientranti rispetto all'ultimo ponte e alle scialuppe.
Buffet molto ricco e vario, si mangia sempre. Ai ristoranti si mangia bene anche se non a livello di altre navi. Personale purtroppo poco cortese e accomodante, a parte il cabinista e il cameriere che sono due persone squisite. Anche se il cabinista si fa attendere e non prepara pupazzetti con le asciugamani. Sembrano un po' tutti scontenti. Molti napoletani, sicuramente simpatici ma che rendono la nave in po' troppo italiana.
Ma andiamo con ordine:

GIORNO 1: Venezia
Ci imbarchiamo velocemente a Venezia. Grazie alla bambina nel passeggìno ci danno la priorità e in meno di mezz'ora siamo già a bordo. Come sempre al primo pranzo in nave mangiamo patatine fritte e hamburger, ma ci accorgiamo subito della varietà del buffet e della sua qualità: il panino è di una morbidezza incredibile. Cabina elegantissima anche se affacciandoci ci troviamo una tettoia che sporge di almeno due metri sopra le nostre teste e ci priva di una buona porzione di cielo.
Le bambine si fermano per la prima volta al baby club e io e mio marito andiamo per la prima volta da quando esistono a cena da soli. Il ristorante che ci viene assegnato è l'elegantissimo Palladio.
Ci accorgiamo a tarda ora di avere un problema dell'aria condizionata in cabina che continua a soffiare aria gelida nonostante le impostazioni del termostato. Questo mi fa beccare un bel raffreddore che mi trascinerò per quasi tutta la vacanza. Il giorno dopo però il tecnico sistemerà tutto.

GIORNO 2: Bari.
Seguendo i preziosi suggerimenti che come sempre raccolgo sul forum Crocieristi.it ci facciamo portare la colazione in cabina. E devo ammettere che è un gran buon inizio di giornata. La nave è al completo e di fare a gomitate di prima mattina proprio non ne abbiamo voglia e comunque per il nostro tipo di cabina ("Fantastica") è previsto il servizio gratuito.Scendiamo dalla nave con calma, impieghiamo una decina di munuti poer uscire dal porto e dopo aver evitato guide e taxisti e chi più ne ha più ne metta, scegliamo il trenino turistico. Non tanto perchè sia necessario, visto che la città antica è proprio lì davanti e non sembra nemmeno molto estesa, quanto perché la bimba più grande, senza passeggino, non ha voglia di camminare sotto il sole. Dopo le prime perplessità, la scelta si rivela azzeccata perché oltre al gioco del treno c'era una brava guida turistica che ad ogni tappa ci spiegava esaustivamente tutto e ci dava il tempo di entrare all'interno delle maggiori attrazioni. Visitiamo la cattedrale di San Nicola, la città vecchia e la basilica di San Sabino, passeggiamo nelle vie in cui le case sono a livello della strada e le signore preparano le orecchiette a vista. Stupiti da questa Bari che non ci aspettavamo rientriamo in nave, dove ci rilassiamo qualche minuto con le bambine e poi le spediamo al baby club

GIORNO 3: Katakoolo.
Essendo già stati durante una precedente crociera a Katakolon e avendo riscontrato il nulla che la caratterizza decidiamo senza esitazioni di non scendere dalla nave. Quindi trascorriamo la tarda mattinata in piscina con le bambine, pranziamo al ristorante Le Fontane perché al buffet non c'è posto e mentre le bambine si godono il baby club io e mio marito ci godiamo il mare, sul nostro balconcino, assorti nelle nostre letture.
Per l'occasione ho scelto un libro che secondo me ben si addice ad un viaggio del genere: il Conte di Montecristo.

GIORNO 4: Izmir
Iniziamo la mattina con la nostra bella colazione in camera anche se arriva in ritardo e non è quella che avevamo richiesto. La puzza di fogne che aleggia nell'aria e fa a pugni con la bellezza della neve è sempre più insistente. Si sente non solo all'ingresso della nave al ponte 4, ma anche nei corridoi del dodicesimo ed è quasi insopportabile in zona piscine. Notiamo che i pavimenti al buffet sono sempre appiccicosi e le stoviglie molto spesso sono incrostate. Per la prima volta in vita nostra vediamo gente che butta le bottigliette di plastica vuote in mare.
Insomma, un gran peccato.
Comunque al mattino scendiamo dalla nave con le bambine e facciamo una passeggiata sul lungomare di Smirne. Poi ci addentriamo tra le vie dello shopping fino al parco delle arti. Una città carina, ma niente di ché. Rientriamo in nave per il pranzo, poi portiamo le bambine al baby club e torniamo in cabina a rilassarci in quel bel quadro che ci offre il nostro imprescindibile balconcino sul mare.
Il cabinista distratto e lo scazzo generale che distingue il personale di bordo, ci porta a dubitare di voler lasciare la quota servizio.
Per questo decidiamo di smettere di usufruire della cena al ristorante e iniziamo ad accontentrci del buffet.

GIORNO 5: Istanbul
Ecco, i turchi.
Quando ho detto a mia madre che saremmo andati in Turchia lei istintivamente ha risposto: "Oddio, i turchi!!! Non scendete dalla nave o almeno tenete in salvo le bambine". E io un po' timorosamente sono scesa, provando a convincere le piccole a restare a bordo. Non potevo rischiare che conoscessero questi ORCHI TURCHI che... Sul tram, se solo vedono una persona, uomo o donna che sia, sopra la sessantina lasciano il posto a sedere. Che guardano i bambini con occhi pieni di tenerezza e spesso non resistono alla tentazione di accarezzargli il faccino o far loro un buffetto. Che ti vedono dubbioso sulla direzione del tram e pur non perlando l'italiano o l'inglese si prodigano nel darti le indicazioni nemmeno richieste. Questi sono i turchi. Gente dolcissima e a modo che credevo non esistesse più. Comunque anche a Istanbul siamo scesi tutti e quattro dalla nave, abbiamo preso il tram nella direzione sbagliata, corretto la mira e giunti in una decina di minuti al centro della città, tra Santa Sofia e la Mosche Blu. Attratti più dalla moschea abbiamo iniziato da quella, fatto la nostra brava fila, acquistato un velo per me, tolto le scarpe prima di entrate e immergerci in quest'immensa opera d'arte col pavimento di velluto e le volte bianche e blu. Subito all'ingresso ci ha accolti un dolce profumo di incenso, la sensazione di pace che si respira in quei luoghi zeppi di amore e preghiere che nulla hanno a che vedere con quegli estremismi che spesso si tendono a generalizzare per ignoranza.
Usciti dalla moschea non avevamo voglia di fare una seconda fila per entrare in una chiesa (a Bari ne avevamo già visitate due ed eravamo piuttosto sazi) così ci siamo fiondati nella vicina Basilica Cisterna, nei sotterranei della città. Nessuna fila, posto spettacolare. Indescrivibile.
Usciti da lì davvero non c'era più spazio dentro di noi per altre novità, e rimandando Santa Sofia, il palazzo Topkapi e il Grand Bazar alla prossima volta (con la monetina nella cisterna abbiamo sancito la promessa) ci siamo concessi una passeggiata nel giardino del sultano e una breve sosta da Mc Donald che ci ha concesso un quarto d'ora di wireless. Preso il tram nuovamente nella direzione sbagliata, riaggiustato la mira e tornati in nave ad ammirare, dal nostro balconcino sul mare, il palazzo del sultano la moschea e la chiesa. Allontanandoci poi con la nave, abbiamo potuto ammirare la città nella sua interezza, quei grattacieli degni di una down town americana e palazzi e moschee a perdita d'occhio, connubio perfetto tra oriente e occidente pieno di magia. Abbiamo salutato il Bosforo con un filo di malinconia. Poi bimbe al baby club e relax fino al loro ritiro in teatro alle 23.

GIORNO 6: Navigazione
La giornata inizia di nuovo imperfetta, con la colazione che questa volta arriva in ritardo. Usciamo dalla cabina alle 12 per portare le bambine in piscina; al nostro ritorno, verso le 2 la cabina non è ancora stata riordinata. Facciamo le docce e prima di andare a pranzo lasciamo fuori per la prima volta la richiesta di rifare la cabina. Pranziamo con calma, portiamo le bambine al baby club, torniamo in cabina ed è ancora come prima, con la colazione sul tavolo. Dopo un'oretta andiamo al teatro dove i bambini faranno un bellissimo spettacolo organizzato dai bravi animatori. Tornati in cabina, e trovandola ancora in disordine - sono quasi le 6 di sera - dopo aver implorato quattro camerieri al buffet di pulire un tavolo libero con gli avanzi di cibo degli ospiti precedenti e dopo che la quinta cameriera si degna di farlo e non pulisce nemmeno bene il tavolo... Prendo e vado alla reception, dove per la prima volta in vita mia chiedo di non pagare le tasse di servizio. Il personale della nave è veramente scortese, la nave oltretutto sempre sporca, pavimenti e porte appiccicose, stoviglie con incrostazioni di cibo. Insomma, una nave meravigliosa lasciata nelle pessime mani degli italiani. Un vero peccato.
Riportate le bambine al baby club vado a correre in cima alla nave, che è uno di quei piaceri a cui non rinuncio, neanche quando l'insopportabile odore di fogna è divenuto molto simile allo zolfo.
Però la nave non effettua l'imprevista sosta tecnica a Katakolon, segnalata nel Daily la sera prima. Secondo il Daily la nave avrebbe dovuto effettuare uno scalo tecnico per uno scambio di documentazione portuale. Con mio marito pensiamo che più che di documenti si tratti di autospurghi.
Ma la nave non si ferma... così pensiamo malignamente che se il giorno seguente quell'odore sarà sparito, vorrà dire che la prestigiosa nave avrà sversato qualche tonnellata di merda in mare.
Si accettano scommesse...

GIORNO 7: Dubvronik
Questa volta il cameriere ci porta la colazione mezz'ora prima, trovandoci tutti addormentati, però c'è tutto quello che abbiamo richiesto.
Un mezzo miracolo.
La MSC ci propone di utilizzare la propria navetta per raggiungere il centro della città (a 15 minuti dal porto secondo loro, in realtà sono 5) alla MODICA cifra di 13€ ad adulto e 10€ a bambino. Scendiamo confidando nella presenza di un mezzo pubblico, che probabilmente ci permetterà di raggiungere il centro con 4€ (i bimbi in genere non pagano MAI i mezzi pubblici) anziché 46€!
Alla fine prendiamo un taxi, che con 13€ ci catapulta nella città vecchia. Molto suggestivo l'ingresso e lo stradun. Ci perdiamo tra le vie e i mercatini molto carini e le chiese. Rinunciamo però al giro sulle mura perché il sole è a picco e in quella zona non tira un filo d'aria. Per cui dopo la bella passeggiata torniamo tutti felici in nave.
Bimbe al baby club, corsetta al quattordicesimo ponte, puzza di fogne quasi svanita...
Avendo deciso di non dare mance, neanche questa sera usufruiamo ristorante ma preferiamo il buffet dove chiediamo gentilmente le ultime due bottiglie d'acqua del carnet a un cameriere che meno gentilmente ce le porta senza bicchieri. Allora glieli chiedo e lui mi risponde: "sono là". Allora mezza incazzata mi alzo per andare a recuperarli personalmente e questo, leggermente imbarazzato, mi anticipa di qualche passo e mi consegna i bicchieri. Ma dico, perché sono tutti così stronzi su quella nave??
Va be', torniamo in cabina e ammiriamo il mare finché c'è ancora un filo di luce. Si fa argento, poi blu, poi color notte, salutiamo le splendide isole croate, osserviamo estasiati i fari che ricambiano il nostro saluto con un occhiolino e sogniamo il giorno in cui alloggeremo in uno di quei luoghi sperduti. Depositiamo le valige fuori dalla cabina, un po' malinconici. Ritiriamo le bambine in teatro. Ringraziamo i ragazzi dell'animazione che sono stati davvero fantastici. E ci godiamo l'ultima notte in nave, cullati dalle onde e dal dolce suono del mare. 

Scrittori, brutta gente.

Avevo un'amica scrittrice, una donna come me, che ovviamente scriveva per passione ma aveva un lavoro, un marito, due figli. L'avevo conosciuta su Facebook, luogo in cui mi vanto di conoscere le persone migliori. Perché le conosci dentro, mi dico, mica fuori. Quindi è difficile prendere fregature.
Ma, come spesso accade, mi sbagliai.
Pubblicammo il nostro primo libro più o meno insieme, ci chiedemmo entrambe di leggerci reciprocamente e darci le più sincere opinioni. Fui sincera. Trovai il suo libro molto articolato, denotava sicuramente una grande intelligenza della scrittrice, ma a livello di narrativa le feci qualche critica. Aveva uno stile troppo freddo per una storia d'amore, più adatto alla stesura di manuali scientifici, ed era poco fluente. Avevo anche faticato a leggere la storia perché c'erano troppi personaggi secondari che non centravano nulla con lo svolgimento del racconto. Creavano confusione e basta. Glielo dissi. Gentilmente e privatamente ovviamente.
Non mi parlò per due mesi.
Si difese dicendo che forse il suo romanzo non rientrava nel mio genere, per questo non l'avevo apprezzato. Le dissi di sì, per non ferirla, ma io non ho un genere preferito. Leggo di tutto.
Dopo due mesi tutto tornò come prima, pubblicammo un secondo romanzo entrambe. Questa volta le parlai solo dei punti di forza del suo romanzo, escludendo completamente le critiche negative. Lei del mio disse che sembrava scritto in uno stato di grazia...
Nel frattempo mi accorgevo che riceveva molte critiche negative, e che accusava chiunque di criticarla per invidia o sciocchezze simili. Quando la critica arrivò da un blogger oltreoceano, e lei reagì allo stesso modo, cioè tacciando di invidia il lontano sconosciuto, ponendosi in ridicolo davanti agli occhi di tutti, mi permisi di dirle: quando imparerai ad accettare le critiche?
Mi massacrò.
Mi rivolse i peggiori insulti che siano mai stati formulati. Mi disse che ad andar bene ero solo invidiosa di lei, ma probabilmente c'era dell'altro. Un complotto internazionale di cui ero la fautrice, probabilmente. Cose così. Che i miei libri che non aveva mai criticato prima - cosa che le avevo chiesto spassionatamente di fare perché per me le critiche sono fonte di crescita e miglioramento e valgono più dell'oro - facevano pena, sembravano scritti da una persona senza risorse, né pretese. Insomma, tirò furi tutta la cattiveria che aveva dentro. Non mi permetterei mai di giudicare nessuno, ma se una accusa tutti di invidia probabilmente è piena di quel sentimento oppure si sente dio.
Da questa esperienza ho capito che nella vita è sempre meglio essere poco sinceri. Che gli scrittori sono degli esseri frustrati e per lo più montati di testa - perché vi assicuro che quegli scritti erano davvero illeggibili e lei si sentiva la nuova Harper Lee - e che dato che non so mentire probabilmente nella vita resterò sola. E tutto sommato è un'ipotesi che non mi dispiace.

lunedì 14 settembre 2015

David Copperfield



A quarant'anni il mio primo Dickens. Un ritardo spaventoso. Ma meglio tardi che mai. Mi sto spostando dai russi ai francesi e agli inglesi e voltandomi posso affermare che Dickens, forse li batte tutti. Non tanto per la complessità della storia, che ne ho lette di molto più intircate, ma per il suo stile. La magia con cui ricopre tutto ciò che sfiora, e l'orfano di padre ha sempre una madre dolce e gioiosa pronta a consolarlo. La madre impazzisce ma c'è la sua governante a proteggerlo. E anche quando si ritrova solo, abbandonato poco più che infante in una fabbrica in cui viene sfruttato, trova sempre la forza nella sua bontà d'animo e in quella dignità che non perde mai. David Copperfield in qualunque occasione si è dimostrato alto, come il signor Peggoty, quell'umile pescatore - fratello della sua governante - dotato di una dignità che i più grandi capi di stato possono scordarsi. La barca sulla spiaggia in cui vive quella famiglia, un padre con figli non suoi, orfanelli accolti da un uomo che amerò finché avrò vita. I suoi personaggi sono davvero indimenticabili, anche quelli secondari. Come il Signor Dick che la zia apparentemente arcigna salva dal manicomio. Che nessuno come lei sa quanto valga quell'uomo. La stessa zia che inizialmente viene dipinta come una strega - perché lui dipinge magnificamente - dimostra com le apparenze spesso inganno, e anche alcune ruvidità caratteriali possono essere dovute a dei drammi vissuti e non superati. I personaggi negativi sono i più negativi di ogni tempo, e attraversano ogni epoca. Sono sempre loro, l'ambizioso viscido opportunista, il patrigno privo di amore, ma nessuno a mio avviso li rende odiosi quanto lui.
La sensazione di tornare a casa e avere qualcuno che ti aspetta in un libro, nel caso di David Copperfield è stata particolarmente accentuata. "Il mio Davidino" dicevo a mio marito, fino alla fine. Anche se alla fine aveva più di quarant'anni. Ma anche il signor Peggoty quandò lo salutò lo chiamò "Signorino Davy". Perchè David, come Dickens, non ha perso la purezza dei fanciulli, quel loro modo di guardare il mondo. Con stupore e candore. Ed è questo che mi ha insegnato questo romanzo. A non dimenticare mai la mia parte bambina. Dovremmo farlo tutti, ricordando sempre che è proprio quella la parte migliore di noi.

mercoledì 9 settembre 2015

Il conte di Montecristo


Voglio parlarvi di un libro che avevo in mente di leggere da qualche tempo e che ho affrontato quest'estate, Il Conte di Montecristo, e come sempre, quando leggo un simile capolavoro, mi domando attonita perché mi sia trovata a leggerlo in età così adulta. Credo sia un libro che andrebbe letto quando ci si affaccia alla vita; quanti insegnamenti per un adolescente. Altro che scuole e catechismi!
Uno su tutti: chi fa il bene riceverà il bene. Ogni gesto gentile produrrà un effetto positivo sulla propria vita e la propria porzione di mondo. Fa capire quanto sia nociva e inutile l'invidia. Tutti messaggi che non vengono mai menzionati ma che emergono da sé, durante la narrazione di una delle avventure più travolgenti che siamo mai state scritte. Più volte mi sono chiesta come sia potuta nascere una simile storia, così strabiliante, nella semplice mente di un uomo. Una storia che ha del divino, che parla ai sensi e all'inconscio, che le mie figlie leggeranno a quattordici anni - a costo di leggergliela io - altro che a ventinove!
Consiglio a chiunque non l'abbia ancora letto, di non perdersi questo viaggio meraviglioso. Se vi blocca il fatto di averne visto la trasposizione cinematografica, sappiate che un libro di oltre mille pagine è molto più che un film di due ore. Dove tra l'altro hanno cambiato la storia, perfino il finale!
Fatevi un regalo, leggete il conte di Dumas. Consiglio l'edizione "Garzanti Grandi Libri" la cui traduzione è tra le migliori e scorrevoli.