venerdì 16 dicembre 2016

"I guardiani delle rose" in pillole...






«Non sei andato al lavoro?» chiese Rosa allarmata appena lo vide....
David aveva come una specie di tremarella addosso. Gli occhi iniettati di sangue. Rosa si accostò alla poltrona sulla quale era seduto. Gli si inginocchiò accanto. Si accorse che aveva bevuto più del solito.
Prima che avesse il tempo di parlare, di scusarsi forse, vide la mano di David precipitare in caduta libera sul suo volto. Un istante dopo udì l’eco di uno schiaffo. L’aveva colpita con tutta la forza che aveva, tanto da spostarla di mezzo metro.
«Ti ha dato di volta il cervello?» urlò incredula. Si accarezzò la guancia divenuta fuoco. «Mi hai colpita, bastardo!»
David per tutta risposta si alzò dalla poltrona e la afferrò per i capelli.
«Prova a insultarmi di nuovo» biascicò, «a uscire ancora con quella faccia da turco… prova a disobbedirmi un’altra volta e sei morta. Te lo giuro, ti ammazzo.»
Rosa stentò a credere alle proprie orecchie. Sembrava posseduto da un demone. In un lampo le passarono davanti i bei giorni di Milano, la dolcezza delle sue parole quando le prometteva l’America, quel suo sguardo così pieno d’amore. Come accade prima di morire, rivide la loro breve felicità in poche, strazianti immagini. L’uomo che aveva davanti non era il protagonista dei suoi ricordi; non poteva essere la stessa persona. Perfino il viso era trasfigurato. Dov’era finito il suo David?

1 commento:

  1. Tra le caratteristiche salienti della tua prosa si delinea spesso l'interrogativo che i protagonisti si pongono,ogni qualvolta incappano nelle disavventure e sventure delle loro vite.Perchè tutti,prima o poi,ci chiediamo il perchè di molte cose,e il riuscire a darci una risposta concretizza quel percorso di crescita interiore e di autoterapia psicologica che tante volte risulta essenziale per la nostra lezione di apprendimento esistenziale, e soprattutto ricco di potenziali creativi. :) Pagel

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