lunedì 28 agosto 2017

Norwegian Wood



Non lo so perché insisto con Murakami. Mi era piaciuto in 1Q84, forse per via dell'universo parallelo, le due lune, però poi l'ho trovato noioso in molti alti libri e qui, oltre che noioso, l'ho trovato anche deprimente.
La storia è quella di Watanabe, un uomo di mezza età che ascoltando una canzone dei Beatles, per l'appunto "Norwegian Wood", ricorda la fine della sua adolescenza. Un periodo molto triste in cui non aveva che un amico e una fidanzatina che si sono suicidati entrambi a distanza di quattro anni, un compagno di collegio che a un certo punto sparisce e probabilmente si è suicidato anche lui, la fidanzata di un altro compagno di collegio, di cui è segretamente innamorato, che, da non crederci, si suicida anche lei!! L'amica della sua ex suicida che tenta il suicidio ma almeno lei non ci riesce, per fortuna.
Ci sono anche dei personaggi che perdurano; uno è un suo compagno di collegio, un leader, che riesce a coinvolgere un ragazzo timido e introverso come Watanabe nei suoi sabato sera alcol&sesso, nelle quali questo ragazzo inesperto, moderato, dai saldi valori, riesce a portarsi a letto con una facilità incredibile una valanga di ragazze con una sicurezza e un talento sessuale che a diciannove anni proprio non si spiegano.
Murakami fa oscillare il suo personaggio tra lo sfigato e il vitellone in maniera vertiginosa che davvero alla fine non si capisce che tipo sia il buon Watanabe. Oggettivamente ci sono troppe contraddizioni.
Non lo so, non me la sento di sconsigliarlo del tutto. Si tratta comunque di un romanzo lento e meditativo. La storia è molto noiosa, in pratica sono le avventure amorose di questo ragazzo giapponese, però lascia qualcosa.
Di certo prima di leggere un altro libro di Murakami - ne ho a casa due,
intonsi - lascerò passare qualche anno.
Mi aspettavo di più, ecco. Molto di più.

1 commento:

  1. Watanabe e i suoi amici suicidi,verrebbe da titolarlo.La società giapponese è molto diversa dalla nostra,a parte i fondamenti del capitalismo smodato che animano soprattutto l'immensa Tokio.C'è anche da loro la mafia,e i giapponesi provano a sfangarla- per quanto concerne la pace interiore-facendo ricorso allo shintoismo e votandosi alla protezione degli spiriti buoni.Tuttavia il materialismo bieco e la cinica società dei consumi fanno da schiacciasassi per moltissimi giovani giapponesi,e in parecchi,purtroppo,ripiegano sull'estrema ratio del suicidio,forse in un subconscio omaggio alla tradizione samurai dell'harakiri,mentre i "forti" sopravvivono dedicandosi a sfrenati tour di sesso e vite spericolate,perfino i bravi ragazzi(effettivamente si resta un po' perplessi).La tua puntuale recensione sottolinea i limiti del libro;resta l'interesse sociologico per una collettività,quella giapponese,che può indurci a gioire di noi stessi,del nostro essere italiani,ancor prima che occidentali,ossia di come siamo giocolieri imbattibili nell'arte di sbarcare il lunario,districarci tra mille casini inverosimili e inseguire ancora illusioni romantico-guasconesche,che a volte si concretizzano,sulla scia dei nostri capisaldi:sole-mare-amore. Pagel

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