mercoledì 16 agosto 2017

La lentezza




A metà tra un saggio e una raccolta di racconti, questo libro mi ha lasciato un enorme interrogativo: Kundera, dove vuoi andare a parare? La sensazione che ho avuto è che l'autore abbia dovuto scrivere qualcosa, su ordine dell'editore magari, e abbia buttato giù questa cosa informe, con alcuni punti divertenti, alcuni spunti interessanti ma legati dal falso filo conduttore della lentezza.
Alcune delle storie: un uomo che va in un hotel dentro un castello con la moglie, durante la notte lui non dorme, guarda fuori e lascia volare i pensieri. Ricorda un racconto del '700 in cui un cavaliere viene circuito da una contessa che lo porta nel suo castello per dissimulare la relazione che ha con un marchese. Il marito incontra questo cavaliere, lo guarda di sbieco e lo accoglie nella sua dimora, poi si ritira nella sue stanze e la nobildonna se la spassa con il cavaliere. Il mattino dopo arriva l'amante ufficiale, tutto soddisfatto perché il marito della contessa non sospetterà più di lui e il cavaliere viene allontanato e quasi deriso dai due. Nel frattempo nell'hotel/castello ha luogo una convention internazionale di entomologi. Tra questi c'è un ceco che dimentica di fare il suo discorso lungo cinque pagine per la commozione di trovarsi lì, dopo aver abbandonato per vent'anni il suo adorato lavoro di scienziato per motivi politici, e in quei vent'anni si è dovuto abbassare a fare il muratore. Tutti piangono, si scorticano le mani con gli applausi, però poi lo deridono per la gaffe del mancato discorso. E poi c'è un uomo, tale Vincent, che quella stessa notte ha un'avventura con una bella donna con la quale però ha un finto amplesso, forse perché molto attratto da lei ma sopraffatto dal desiderio di esibirsi. E' tutto piuttosto confuso, in pratica fa cilecca però finge che tutto vada per il verso giusto - non può sfigurare sul bordo della piscina di un hotel -  come la povera Julie, che inizialmente sta al gioco però poi  scappa a gambe levate. Il problema dell'uomo, dopo vari struggimenti, è: cosa racconterò agli amici?
La lentezza che all'inizio viene illustrata come un grande valore - cosa che condivido - perché solo ciò che viene fatto con lentezza viene ricordato, poi viene sostituita dalla "pirlezza" - passatemi il termine - di certi uomini.
Ecco, lo avessi intitolato la pirlezza lo avrei trovato più coerente. Comunque un libro carino, breve, dunque non molto impegnativo, anche se secondo me il titolo è fuorviante.
Kundera, che furbacchione che sei :-)

1 commento:

  1. La miscela sorprendente di incorenza sostanziale titolo-contenuto del libro e la creativa originalità,per quanto un po' strampalata,delle trame descritte,fanno si che il libro possegga una sua attrattiva rilevante.Forse,tra i sussurrati riferimenti-da leggersi possibilmente fra le righe-alla lentezza come concetto assiomatico,è rilevabile il richiamo alla lentezza mentale,ossia la "pirlezza" da te giustamente sottolineata;è una delle accezioni possibili.La lentezza in realtà ha in se i germi della perfezione,o quasi. Tutto ciò che progettiamo e concretizziamo,spesso raggiunge risultati molto soddisfacenti,se i tempi che ci diamo sono lunghi. Le "sveltine",di qualunque tipo siano,non ci gratificano granchè.Lentezza è sinonimo di studio,osservazione,preparazione,apprezzamento,gradualità.
    Impariamo bene tutte le cose grazie alla lentezza,altrimenti non facciamo altro che raffazzonare alla meno peggio.Solo intuito e genialità,di solito,poggiano su idee-lampo,ma ambedue sono un'eccezione alla regola.Meglio una persona lenta di comprendonio generosa e costruttiva,che una dai riflessi al fulmicotone ma distruttiva ed ego-concentrata. Penultima annotazione,mia adorata e prediletta descrittrice di libri:si,in noi uomini spesso cova una impercettibile scemenza di fondo,forse perchè convinti subliminalmente che ci sia sempre una mamma che ci dirà basta,o che ci dirà cosa è meglio fare o non fare.Alla fine bisogna tagliare i cordoni ombelicali,e prendere il largo,affrontando il mare.E forse questo è,sotto sotto,doloroso. Così finiamo per pagare un dazio umiliante alla cretinaggine,cullandoci nella misera illusione di aver scansato un po' di sofferenza(nella quale si incoccia non di rado,quando le proprie decisioni autodeterminate impattano sul giudizio/potenziale dissenso altrui -del resto si cresce proprio grazie alla dialettica dei pareri discordanti,ma vallo a dire all'uomo medio mammone...)Infine,tornando al succo del libro,gli va riconosciuta la indubbia virtù pedagogica di insegnarci a ragionare, nello specifico a ponderare sulla lentezza, da un lato,e sulle potenziali coincidenze e peripezie tragicomiche della vita dall'altro :) Pagel

    RispondiElimina