giovedì 16 gennaio 2014

Prologo dell'antistoria d'amore che sto scrivendo (non aggiungerò altro)






Prologo



Piove.

Pioggia sottile, leggera, vapore.

...

Non piove mai abbastanza, quando serve.

Niente è mai abbastanza nella vita.
Vita infame.


Pioggia in California, miraggio d’autunno.
In sei mesi non è piovuto un giorno.
Ma proprio sull’addio, proprio…

Sull’addio.

Pioggia che non bagna.
Acqua che accarezza, che accompagna.

Piove.

Pioggia che non cela le lacrime.
Pioggia che svela.

...

Grazie pioggia.
In ogni caso, grazie.
Mi sei mancata pioggia.



                                                                            ***



La hostess al check-in si trovò davanti la disperazione fatta persona.
Una bella donna – ragazza - sui venticinque anni.
Una disperazione che non sapeva di morte, ma più di cuore spezzato.
Squadrò l’ambiguo accompagnatore accanto alla giovane donna.
Provò a immaginarlo gonfio di botte, gli occhi pesti, le labbra spaccate con un rivolino di sangue laterale.
Questo le diede sollievo.

Era lui la causa di tanto dolore.

Lei piangeva senza ritegno, e lui fingeva beatamente di dispiacersene.
Un mentitore nato.
Un altro aspirante attore arrivato a Los Angeles chissà da quale angolo del mondo, col suo bagaglio di sogni inutili.
Inutili quanto lui; anzi molesti. 


Un bel ragazzo sui trent’anni, quel mattino accompagnava la disperazione fatta donna all’aeroporto internazionale di Los Angeles: il mastodontico LAX.
Un uomo fine, a modo.
Faccia da bravo ragazzo.
Un figlio di puttana.

 
                                                                        ***



Una treccia, due trecce.
“Cade”…
Due trecce, tre trecce.
“Cade.”
Dopo un paio d’ore Giulia non aveva più ciocche di capelli da intrecciare.
Si addormentò.
Sognò di essere in volo sull’Arizona…
“Oddio, cade.”
Era stata gentile la hostess ad assegnarle proprio quel posto vicino al finestrino.
Si era augurata che lo spettacolo del Grand Canyon a perdita d’occhio le avrebbe addolcito l’uscita da quell’inferno.
Chissà se nel suo paese d’origine avrebbe ritrovato la pace.
Di certo il panorama di quei canyons tutti uguali, per centinaia e centinaia di chilometri, non le avrebbe fatto male.
L’avrebbe aiutata a distrarsi.
E lei in effetti non fece che immaginarsi sfracellata su quelle rocce, per tutta la durata del viaggio. Che non era esattamente ciò che aveva in mente la hostess, ma era sempre meglio del pensiero di quel bastardo.


Giulia si svegliò a New York per il breve scalo.
Ancora dieci ore e sarebbe tornata a casa.





1 commento:

  1. La vita è fatta così,si incontrano persone di ogni tipo,belle,meno belle,brutte,a volte pessime.Da tutte loro impariamo qualcosa.Volenti o nolenti. Tieni duro :)
    Pagel

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