lunedì 30 dicembre 2019

Il lupo della steppa

Harry (Hermann) è un uomo in crisi. Un intellettuale introverso, stravagante, visto da fuori s'intuisce la sua inquietudine, ma le sue buone maniere lo rendono tollerabile. L'osservatore - il figlio della donna che gli da una stanza in affitto - non si fida di lui, ma lentamente si lascia conquistare. Ci si affeziona quasi, finché un giorno l'uomo non svanisce nel nulla. Di lui rimane solo un racconto, un diario di quei giorni che rivela uno squilibrio interiore che rasenta la follia. Harry ha le due parti predominanti di sé in conflitto: l'uomo e il lupo. Quando capisce che l'unico modo per porre fine alle proprie sofferenze è il suicidio incontra una donna, probabilmente una proiezione di sé, che lo conduce attraverso ciò che l'uomo ha sempre ritenuto squallido. Harry, che ama la musica classica e la poesia, si ritrova nelle balere a ballare il fox-trot, si innamora di prostitute che alla fine appaiono più sagge e profonde di lui. Tutti i suoi ideali vengono confutati finché lo stesso Mozart, che lui ama come un dio, gli dà dello stupido e lo ridicolizza. Quest'ultimo passaggio è davvero commovente, sembra di assistere davvero a uno scambio tra giganti.
Ho letto questo libro in cerca di risposte, mi sento spiritualmente in linea con Hesse a 50 anni, con la sua crisi esistenziale. Questo libro è un grande dipinto surrealista che incanta, strappato da una tela del miglior Dalì alla fine pone altre domande. Le risposte non appartengono a questa vita, alcune sono raggiungibili solo attraverso l'umorismo (dote rara) ma quanta bellezza!
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