martedì 11 luglio 2017

Don Chisciotte



Chisciotte. Don Chisciotte. Mio caro amico Don Chisciotte della Mancia, come farò senza di te? Ti ho concluso piangendo. Mi hai fatto compagnia per diversi mesi, affiancando la tua lettura a quella di altri libri, perché non ti si può leggere d'un fiato, la raccolta delle tue avventure va letta lentamente, una per volta, va assimilata, goduta, gustata. 
Sei stato un personaggio impareggiabile, proprio come la bellezza della tua Dulcinea del Toboso che maghi e incantatori avevano tramutato in semplice contadina e tu niente, pur non avendola mai incontrata nella sua originaria bellezza, cocciuto come pochi, fiero e nobile, fedele ai tuoi ideali, hai continuato ad amarla e venerarla. Così come hai amato i tuoi sogni di cavalleria errante, che ti fecero lasciare la tua vita agiata per andare a caccia di avventure. La più famosa, quella dei mulini a vento, ma chi si limita a quella non sa cosa si perde. Don Chisciotte, amico mio, scrivo queste parole con un magone indescrivibile, perché non era la tua storia a commuovere e coinvolgere, eri tu, era la storia di chi vive in un mondo di ideali, e andrà avanti tentando di perseguirli a costo di essere deriso, umiliato, come accadeva a te, a te e al tuo fedele scudiero Sancho Panza; sempre avanti a testa alta, con Ronzinante che si reggeva in piedi per miracolo e un mulo. Ho vissuto le tue notti stellate in preda ai tuoi struggimenti e le grandi russate di Sancho, le vostre litigate, i suoi proverbi che ti davano al cervello e le tue perle di saggezza, nonostante la follia. Piango, perché sono un po' Don Chisciotte anch'io. Però tu sei morto alla mia età, morto di malinconia quando hai capito che ciò in cui credevi non erano che sogni irrealizzabili. La tua Dulcinea incantata, forse - e dico forse perché ho bisogno di credere che non sia così, ancora aspetto il vostro incontro - non era mai esistita. Quelle che scambiavi per castelli, erano locande. I giganti malvagi con cui ti trovasti a combattere, non erano che semplici, banali mulini a vento.
Piango perché mi hai lasciata sola, in questo mondo così piccolo e tristemente vero, mentre vorrei continuare a vivere nelle favole, come te.
Don Chisciotte della Mancia, le cui gesta furono già note quando eri ancora in vita, sei stato il più grande cavaliere errante della storia e anche se so che ti troverò ogni volta in cui ne avrò bisogno tra le pagine di un libro, il dolore per la tua fine è troppo grande.
E anche se Cervantes ha scritto la tua storia per ridicolizzare i vecchi libri di cavalleria, ne è venuto fuori che ci ha fatto innamorare di te.
Amici, non leggetelo, o soffrirete anche voi.

1 commento:

  1. E'assolutamente inevitabile-irreversibilmente necessario- che io lo legga,in futuro.Ne hai operato una recensione stupenda.L'immagine-simbolo del cavaliere errante che corre a salvare la sua amata rinchiusa nella torre,e che lo attende in preda a speranza e trepidazione,rientra nelle mie corde fin dalla mia prima adolescenza,c'è un lato donchischiottesco in me,che qualche volta guizza fuori,incontrollato e imprevisto,perennemente sfuggente al richiamo,neanche troppo saldo,delle mie redini. Ma romanzi come questo sono in risonanza armoniosa con la parte sognante e romantica di ognuno di noi,ovvero quella parte di noi che le società tecnologicamente moderne,così come quelle rozzamente antiche,cercano di strozzare ed eliminare dal nostro Io. In sostanza: w don Chisciotte,sempre,pur in mezzo a qualche stramberia e a fantasticherie a volte un po' robuste :D Pagel

    RispondiElimina